Ana e Pascal

Grazie per avermi ascoltata. Avevo bisogno di parlare questa notte”.

Si tennero stretti a lungo. Sentiva il corpo di Pascal tremare sotto le sue mani.

Stai ridendo?”, gli domandò.

Sto cercando di non farlo”, le confessò. “Mi fa ridere che Alain ti abbia messo il cognome Jhonson”.

Dissi a quel bastardo che se mi chiamava ancora Angelica Jhonson l’avrei schiaffeggiato per i prossimi cinquant’anni. Quando diventai una dominatrice e mi serviva un nuovo nome, tirò fuori quello dai cassetti dei ricordi”.

E tu cos’hai fatto?”, le chiese, mentre andavano all’auto.

L’ho schiaffeggiato per i prossimi cinquant’anni”.

Pascal le sorrise.

Cos’è successo al tuo Axel? Sei rimasta in contatto con lui?”

No”, rispose Ana, mentre il suo sorriso si spegneva.

Sulla carta stavamo bene io e Axel, mentre io e Rupert non avevamo senso. Ma eccoci qua, quasi vent’anni dopo io e Rupert stiamo ancora insieme, ancora innamorati. E Axel…”

Che cosa gli accadde?”

Ana deglutì forte. “Quattro anni dopo la nostra laurea, l’hanno trovato morto nel suo appartamento”.

Pascal spalancò gli occhi.

Venne fuori che Axel era bipolare. Ecco perchè aveva tanta energia per stordirmi di parole. Me lo spiegò un’amica dell’università. A quanto pare, gli avevano cambiato le medicine e lui…” si interruppe e cercò di immaginare la sua vita se fosse rimasta con Axel.

Si sarebbero sposati? Sarebbe rimasta vedova a venticinque anni?

Dopo la sua morte pubblicarono le sue poesie. Era bravo”.

Ana”, osservò Pascal. “Quante cose perdute”.

Quante cose trovate”. Prese il suo viso tra le mani e lo baciò. “Credi nell’universo?”

Sono un vignaiolo. Per tutta la vita sono stato a guardare l’acqua che muta in vino. E’ ovvio che creda nell’universo”.

Fece un respiro profondo e, tremando guardo Pascal. Quel che era accaduto la sera prima aveva un significato importante per lei, un significato tale che non poteva sopportare di contaminare con un segreto.

Angelica

Due strade dirigevano in un bosco, e io.. io presi quella meno battuta, e questo fece la differenza”. La professoressa chiuse il libro con un sospiro malinconico, ed Angelica si sforzò di non battere la testa contro il muro.

Letteratura del secondo anno di università, e continuavano a leggere la stessa poesia che aveva letto in prima liceo?

Non esistevano forse milioni di altre poesie che potessero analizzare, oltre a la strada che non scelsi, altrimenti nota come la poesia del liceo che tutti ricordavano?

Qualche prima riflessione su questa poesia?”, chiese la docente.

Una ragazza in prima fila alzò la mano, Cristina qualcosa.

Mi piace questa poesia”, dichiarò. “Parla di scegliere un percorso che altri non scelgono. Essere una persona che quida, non che segue la mandria”.

Angelica sentì che il suo quoziente intellettivo precipitava.

Ottimo. Qualcun altro?”

Una matricola alzò la mano e ripetè a pappagallo quasi la stessa interpretazione. Un tipo che camminava in un bosco. Vede due strade. Sceglie quella che hanno preso pochi, e questo fa di lui un eroe e bla bla.

Angelica afferrò mentalmente una zappa e la schiantò in testa a quella matricola.

Grandi pensieri. Altre prime impressioni?”

Sì”, disse a gran voce Angelica. “Siete tutti un branco di idioti”.

In aula calò il silenzio. Gli occhi dell insegnante si spalancarono. Alzò il mento e guardò Angelica. “Deve avere un ottimo argomento per sostenere una simile affermazione”.

Ce l’ho, un ottio argomento. Legga la poesia”.

Ho letto la poesia, e sono d’accordo con loro”.

Non c’è più speranza per l’umanità”. Angelica si accasciò sulla sedia con un sospiro. A dicinnove anni, era giunta alla conclusione che se non stava nella stessa stanza con Rupert, Alain e Stella, poteva essere sicura che sarebbe stata circondata da idioti.

Le dispiace dirci qual è dunque la sua interretazione della poesia, Ange?”

Certo. Perchè no?”. Alzò il libro e indicò un verso. “Qualcuno di voi ha letto questa poesia oltre all’ultima strofa? Versi otto e nove: -benchè in fondo, il passaggio della gente le avesse davvero segnate, più o meno lo stesso”- Qualcun altro ha letto quella parte? Non è che fosse una meno battuta dell’altra. Erano battute allo stesso modo”.

Allora perchè la voce narrante ne definisce una meno battuta, nell’ultima strofa?”, le chiese la professoressa. “Può spiegarlo?”

Lo spiego io”. Una voce maschile intervenne dall’altra parte della stanza. Angelica girò la testa e guardò il tipo seduto nell’angolo in fondo alla classe. L’aveva già visto, ma non gli aveva mai prestato attenzione alcuna. Aveva capelli castani, striati di biondo d’orato, un piercing al sopracciglio, delle unghie punk smaltate di nero e tatuaggi sulle mani.

Vuole spiegarlo lei, Axel?”, chiese la professoressa. “Ci dica dunque. Mi fa piacere sentirla finalmente parlare in classe”.

Sono d’accordo con Ange su questo punto. Non posso tenere la bocca chiusa davanti a tanta stupidità”.

Axel. Così si chiamava, dunque. Sembrava stargli bene. Un nome strano. Un tizio strano.

Che cosa trova tanto stupido?”

Con Axel, la professoressa sembrava meno irritata di quanto non fosse con lei. In classe la professoressa dava sempre maggiore attenzione ai ragazzi, preferendoli alle ragazze. In questo caso però Angelica non gliene faceva una colpa. Ora che lo guardava, si rese conto per la prima volta di quanto Axel fosse attraente. Uno con piercing, tatuaggi, capelli punk sparati in testa che leggeva poesie e diceva in faccia alle persone che erano degli stupidi? Il suo tipo. Senza dubbio.

E’ ovvio. Questa poesia si divide in due parti. Le prime quattro strofe riguardano l’evento effettivo. Nella quinta il narratore ci illustra come racconterà l’evento in futuro. Ma lui è un narratore inaffidabile. Come dice Ange, nei versi otto e nove afferma che le strade sono uguali. Nessuna delle due è più o meno battuta. Nell’ultima strofa però dice che in futuro quando parlerà di questo momento, mentirà e dirà che una era meno battuta dell’altra. Da ragazzo ha compiuto una scelta del tutto arbitraria tra la strada a destra e quella a sinistra, ma in futuro farà apparire quella scelta voluta, e non arbitraria. Darà a questa scelta un significato he al momento non possedeva. Non è un eroe. E’ solo un vecchio che mente alla generazione più giovane”.

Non c’è una strada meno battuta”, intervenne Ange. “Si tratta di una finzione che serve a spiegare perchè sia andato a destra invece che a sinistra. Dobbiamo credere che le nostre scelte abbiano un motivo, se vogliamo che la nostra vita abbia un significato. Questa non è una poesia ispiratrice. E’ spaventosa e deprimente”.

Giusto”, concordò Axel. “Ecco perchè mi piace”.

Angelica si voltò e gli sorrise, mimando un grazie con le labbra. Lui le rispose con un’alzata di spalle indifferente, come a dire – figurati-.

Quando finalmente la lezione terminò, angelica prese lo zainetto dal pavimento e ci infilò dentro il suo libro. Vide dei piedi davanti ai suoi. Un biglietto con il suo nome le comparve davanti al viso. Alzò gli occhi e vide Axel di fronte a lei.

E’ un biglietto molto importante”, disse lui.”Che ti cambierà la vita. Leggilo a tuo rischio e pericolo”.

Certo che sei strano, Axel. Lo sai, vero?”

Stai flirtando con me, Ange? E’ la prima volta che parliamo e sono molto timido, le ragazze mi spaventano. Probabilmente sono ancora vergine”.

Lo guardò sollevando un sopracciglio. Si era esercitata davanti allo specchio.”Probabilmente? Non lo sai, se sei ancora vergine o meno?”.

Non mi sono mai chiesto se lo sia o no. E’ una domanda molto personale e non mi conosco abbastanza bene per sollevarla”.

Adesso apro il biglietto”.

Vorrei che ci ripensassi”, ridadì Axel.

Potrei averne bisogno come prova nel mio processo penale contro di te”

Una buona ragioe. Aprilo”

Lei aprì il biglietto.

E’ uno squalo, Axel. E’ il disegno di uno squalo”. Sollevò il biglietto.

Allora? Non ti piacciono gli squali? A chi non piacciono, gli squali?”

Non sto dicendo che non mi piacciono gli squali. Sto dicendo che non so perchè mi hai dato un disegno di uno squalo”.

Me l’ha chiesto lo squalo”.

Perchè il tuo squalo ti ha chiesto di darmi un suo disegno?”

Perchè pensa che tu sia bella, intelligente, e vuole il tuo numero di telefono”.

Angelica studiò lo squalo. Era uno squalo fatto bene quasi come avrebbe potuto disegnarlo lei. Per il bene di Axel, sperò che non si stesse specializzando in arte. Eppure, era uno squalo bello, con delle pinne incredibilmente grosse. Gli aveva fatto persino una cresta fucsia.

Ripiegò il foglietto e lo porse ad Axel.

Per favore, d allo squalo che mi dispiace. Non sono disponibile”. Si stupì di quanto e costasse costringersi a dire quelle parole.

Gli occhi di Axel si oscurarono, e lei vide l dolore e la delusione per un secondo dietro quell’adorabile maschera di arroganza maschile.

Forse tu e lo squalo potete essere amici?”

Non ho mai fatto amicizia con uno squalo. Mi morderà?”

Se glielo chiedi in modo gentile”.

Vale la pena provare. Un pranzo da squali?”

Pranzo da squali”.

Per tutto il tragitto fino alla mensa parlarono di quanto non riuscissero a credere che la professoressa fosse così ottusa rispetto a la strada che non presi di Frost.

Colpo di stato

AL!!! VIA LIBERA?”, Nascosta dietro la porta Ana strilla.

Oui, Maitresse!”

AHYA!”, urla.

La porta si apre. Sbattendo vigorosamente. Mostrando Ana intenta in una qualche mossa de Karate Kid.

FINALMENTE E’ USCITA! FESTA? FESTA!”,esulta Ana, piena di energie.

Alain poggiato alla scrivania la guarda incredulo, nonostante i suoi 34 anni il suo spirito in famiglia era quello dell’adolescente conosciuta 20 anni prima.

Ana stava lì, con un piede saldo a terra e l’altra gamba tesa a mezz’aria.

Dietro di lei Rupert tra l’inorridito e il divertito, alza gli occhi al cielo e scuoteva la testa da destra a sinistra e viceversa in modo impercettibile. Sospirando.

Al?”

Oui?”

Stai per caso venendo? Hai un’espressione strana…”, aggiunse Ana.

Che domande… Mon ami, je pensais que tu le avais appris à ne pose pas de questions stupides.”, affermò Alain con il suo francese più seducente.

Rupert non parlò subito, ma alzò le spalle in segno di rinuncia.

La fille n’apprend jamais, mais elle remédiera en temps voulu”, rispose alla fine, fancedo pat pat sui capelli legati di Ana.

Ana poggiò il piede a terra, come un gatto. Un momento prima era un uragano e il secondo dopo poggiava il piede a terra con estrema leggiadria.

Alain si stupiva sempre di come quella donna non tanto alta, potesse essere una tempesta ma anche la pace dopo di essa.

Forse era questo che Rupert aveva visto in lei tanti anni addietro.

EHI! Guardate che non ho più 14 anni, vi capisco benissimo ora, il mio francese è migliorato. Chi sarebbe quella che non impara mai Moretto?”, chiese piroettando su se stessa per girarsi verso Rupert.

Sarai anche alto un metro e novanta. Starai anche diventando una volpe grigia di buonissima qualità, e saprai anche farmi male da Dio, ma se non stai attento a quello che dici finirai per essere la mia pelliccia. Chiaro?”, sentenziò Ana, crogiolandosi per qualche istante nell’idea di farne una pelliccia. Sarebbe stato un ottimo capo da sfoggiare con orgoglio.

Ruper non parlò, non ne aveva bisogno. Gli sarebbe bastato uno sguardo, ma Alain interruppe qualsiasi cosa stesse per accadere.

Allora Maitresse, qual’è il piano?”, chiese Alain.

Piano? Ah sì sì! Prendiamo possesso della nostra autrice, mi pare ovvio. O sento solo che io che è spossata. Cioè insomma l’avete vista?”

In effetti Angelica non ha tutti i torti”, affermò Rupert.

Alain annuì.

Ottimo ora che siamo tutti sulla stessa linea d’onda…”, Ana fece gesto di avvicinarsi a lei, ma prima di mettersi tutti a borbottare sottovoce, salì sullo sgabello a fianco a lei e ricambiò il pat pat a Rupert.

Bisbigliarono, tutti vicini per almeno un quarto d’ora.

Ora che siamo tutti d’accordo sul da farsi, quella è porta uscite pure, la vostra presenza non è più richiesta”, disse sorridendo lei.

Non fosse che in quel preciso Rupert schiccò le dita.

Ed ecco che lì davanti ai due sadici più famosi del sottomondo, ci fu Angelica.

In ginocchio davanti a loro, vestita di bianco. Scalza.

Non più Ana avvolta nel suo corsetto di di latex nero e nella sua gonna rosso fuoco.

Emma si unisce a noi?”, chiese Rupert.

Non so… domani deve partire per la toscana con la bambina…”, rispose Alain.

Quando in lontananza si udirono dei passi corti e veloci arrivare.

Uno scricciolo di appena due anni, sorpasso la porta aperta correndo.

Clèmentine!”, la chiamò Alain.

La piccolina corse indietro ed entrò nella stanza. Portando un’ondata di energia pura. Un energia bianca. Innocente.

Corse da suo padre rischiando di inciampare.

Alain per fortuna aveva i riflessi pronti. Sempre. La prese in braccio, sorridendole e riempendola di baci.

Clémentine ridacchiava. Quella sarebbe stata un’immagine da immortalare. Ange l’avrebbe ricordata per tutta la vita. Perchè si stava guardando, non aveva più lo sguardo basso, almeno per un istante. E nessuno se ne accorse. Per fortuna. Ange era già in un mare di guai.

Maman veut que je dorme…mais je ne peux pas dormir sans tes histoires de coucher”, disse la piccolina scuotendo la testa e i suoi lunghi riccioli rossi. Appicandosi sempre di più al padre come se non lo avesse visto per anni.

Clém, dov’è la mamma?”, le chiese.

Rupert ed Ange guardavano la scena restando in un silenzio divino.

ehm…”, mormorò la bambina non sapendo cosa rispondere.

Stava.. ehm.. era..”

Nel guardare la scena Ange trattenne una risata. Quella bambina era stata un dono dell’universo, ed era piacevole vedere come apprendeva dalla velocemente dalla zia l arte di mettersi nei pasticci senza far nulla.

Ange però sentiva lo sguardo di Emma incombere dietro alle sue spalle. Quindi ruppe la posizione, sapendo che Rupert in quel momento non poteva farle nulla, anche se lei indossava il collare.

Ange si girò verso Emma le sorrise.
Emma la guardò fissa negli occhi. Arricciando leggermente le labbra in segno di finta disapprovazione. In ogni caso non era un disapprovare totale.

Scoppiarono a ridere entrambe. Dopo tutti quegli anni erano diventate complici. Quando Emma ed Alain non erano in casa Ange le faceva da babysitter, passavano le loro serate a guardare cartoni disney, a Clémentine piaceva anche giocare ad avere un cane, visto che Alain non ne voleva uno in casa. Ana fingeva di essere un cane, tanto il collare era al suo collo sempre ed lei era alquanto brava ad abbaiare e rotolare a comando.

Dov’eri?”, chiese Alain porgendo la bambina ad Emma.

A metterla a letto, poi mi sono girata e non vedendola, ho saputo che era venuta da te. Storie della buonanotte ricordi? Gliele racconti tutte le sere”.

Oui, certo che ricordo”, rispose Alain.

Ottimo, la prossima volta cerca di ricordartelo prima. Sei in ritardo”, concluse Emma scrutando Alain dall’alto al basso.

Ange dietro ad Emma stava giocando a fare delle facce buffe alla piccola Clèmentine, che iniziava a sbadigliare.

Tante Ange quello cos’è?”, chiese la piccola notando che la “collana” della zia era di un colore diverso dal solito.

Questo è un collare”, le rispose Ange.

Perchè hai un collare?”

Bau!”

Clèmentine rise.

Tutti risero.

Ange contieniti… altrimenti non dorme più”, disse Emma.

Rupert presa la parte dietro del collare di Ange e la tirò sé gentilmente.

Non preoccuparti ti restituiremo Alain in men che non si dica così che possa adempiere ai suoi doveri”, le disse Rupert. “Per quando riguarda Ange, si conterrà”.

Angelica sbuffò.

Tu e la tua maledettissima etichetta. Sei fissato!”, esclamò Ange. “Rilassati un po’ è da quando ti conosco che sembra tu abbia una scopa su per non posso finire la frase, perchè c’è la bambina, ma i grandi si sono capiti.”

Alain rideva. Emma era sorpresa ma si vedeva la risata sulle sue labbra.

Vi raggiungo tra poco andate pure”, disse Alain baciando entrambe le sue donne sui capelli. Affettuosamente.

Emma e Clèmentine uscirono dalla stanza.

Qualsiasi cosa sia fate in fretta!”, Emma chiuse la porta dietro di sé.

Ange fece la linguaccia ad Alain, prima di iniziare a sbadigliare.

Vai pure Alain, metto a letto il gatto qui”, disse Rupert.

Miao!”

Bonne Nuite”

Bonne Nuite”

Ange si stropicciò gli occhi sbiascicò qualcosa e sbadiglio, prima di appoggiare la testa sulla spalla di Rupert.

Angelica

Un appuntamento.

Un vero appuntamento.

Un banalissimo appuntamento.

Cena.

Prepararsi.

Truccarsi.

Finalmente, all’età di diciotto anni, Angelica stava andando al primo appuntamento galante della sua vita.

Con il suo professore.

Okay, va bene, forse non era un appuntamento normale. Però lei aveva un abito nuovo, un vestito bianco, e la villa di Alain sarebbe stata tutta per loro, perchè il re non era nel suo castello, quella settimana. Somigliava abbastanza ad un appuntamento vero. Rupert le aveva persino promesso che non avrebbe indossato il suo camice, ma il completo che a lei piaceva tanto. Dopo averle fatto quella promessa, aveva mormorato qualcosa di criptico sul quale lei era stata a rimuginare tutto il giorno.

Stasera solo uno di noi avrà il collare, e giuro che non sarò io”.

La sala da pranzo di Alain era illuminata da candele e dalle fiamme guizzanti del camino. C’era Rupert. C’era del cibo: ma l’unica cosa che lei riusciva a vedere era la scatola bianca accanto al suo piatto.

Mentre lei fissava la scatola, Rupert si avvicinò alle sue spalle, le baciò la nuca e abbassò la cerniera del vestito.

Ehm.. che succede? Non mangiamo?”

Tu sì”

E.. perchè mi spogli?”

Ti voglio nuda”, disse lui, come se fosse la risposta più ovvia dell’universo, tanto che non avrebbe dovuto neppure chiederlo.

Ceniamo nudi?”

No, solo tu, gattina. Io tengo i vestiti”.

Rupert cominciò a tirarle giù le spalline del vestito ed Angelica si irrigidì.

Lui si fermò.

Qualcosa non va?”

No. Niente. Solo che mi stai facendo cenare completamente nuda”.

La cosa ti mette a disagio?”

Inverosimilmente a disagio”.

Comprensibile”, osservò lui e ricominciò ad abbassare le spalline.

Lo facciamo lo stesso?”

Angelica”, disse Rupert, facendola voltare perchè lo guardasse. “Questa sarà una serata importante per noi due. Ora sei abbastanza adulta per imparare quello che mi aspetto da te, se staremo insieme. Sarà così, se tu mi appartieni. Sarai mia proprietà. Non è una metafora, né un iperbole romantica. E’ un dato di fatto. Io posso spogliarti in qualunque momento, quando ne ho voglia. Spogliarti non dovrebbe comportare né spiegazioni, né pianificazione, come quando mi tolgo il camice. Lo faccio quando mi va, e solo per questa ragione”.

Sì Padrone”.

Stringeva le mani a pugno. Nervosa. Mentre in piedi al centro della sala da pranzo illuminata dalle candele asciava che Rupert la svestisse.

Si sentiva ridicola a stare lì, completamente nuda, con i capelli acconciati sopra la testa e i tacchi alti ai piedi.

Rupert non la toccò, se non per farle scivolare le mutandine sulle gambe.

Appoggiò il suo vestito e la biancheria sullo schienale della poltrona che si trovava vicino al caminetto. Le scostò la sedia e lei si accomodò, facendo una smorfia quando la pelle nuda venne a contatto con il legno freddo.

Rupert prese la scatola bianca e gliela mise in mano.

Cos’è?”, gli chiese, guardando l’elegante pacchetto bianco e nero.

Aprila”.

Lei slacciò con cura il nastro nero e strappò la carta bianca. Sollevò il coperchio e guardò l’oggetto al suo interno. Dunque Alain non scherzava. Non esagerava. Non aveva cercato di prenderla in giro l’anno prima, nella loro prima uscita in Lamborghini.

Ti piace?”, le chiese Rupert.

Angelica rispose con un’unica parola.

Bau”.

Rupert rise e prese il collare di pelle bianca, aprendolo.

Un collare da cani?”

Un collare da schiavi. Appartieni a me sempre, indipendentemente da quello che stiamo facendo. Quando ti metto il collare, saprai che devi darmi la tua totale obbedienza, e la tua completa attenzione. Quando hai il collare devi chiamarmi esclusivamente Padrone”.

E’ bianco”. Alzò lo sguardo verso di lui.

Mi chiedi perchè”.

Lo sai, indossare un collare da cani.. da schiavi”, si corresse, “è un po’ umiliante”.

Ed è per questo che voglio che tu lo indossi”.

Alain e Angelica

Se Angelica avesse creduto a tutte le cazzate che le avevano propinato nelle ore di educazione sessuale della sua scuola, avrebbe pensato che la sua vita avrebbe imboccato una terribile spirale verso il basso, dopo aver osato aprire le gambe per un uomo prima del matrimonio.

L’insegnate aveva sottolineato che qualsiasi comportamento sessuale, avrebbe causato una gravidanza, la povertà, malattie veneree e la morte.

La povera Elena aveva abboccato a quelle bugie al mille per cento. Non solo aveva deciso che non avrebbe fatto sesso finchè non si fosse sposata, ma non avrebbe nemmeno baciato un uomo finchè non fossero fidanzati. Meglio rimpianti che rimorsi.

Quando però Angelica scese la scalinata d’ingresso della scuola, tre giorni dopo il funerale del padre di Rupert, e vide una Lamborghini color argento ad attenderla, concluse che denudarsi davanti ad un professore fosse stata l’idea migliore che avesse mai potuto avere.

Miseria”, esclamò Elena, notando la vettura nello stesso momento in cui la notò Angelica. “E quella cos’è?”

Angelica cercò di non scoppiare a ridere alla vista della Lamborghini ferma nel vialetto riservato al personale.

Sarebbe il mio strappo”

Miseria”, ripetè Elena. La macchina si avvicinò piano, fino a mettersi ad aspettare alla fine delle scale. La portiera del posto di guida si aprì e ne uscì un uomo in uniforme. Aprì la portiera del passeggero, e scese Alain Fouet in carne ed ossa, proprio lui. Fece il giro della vettura, si appoggiò alla portiera, alzò la mano e piegò un dito verso di lei.

Portava stivali, una specie di lungo cappotto e un paio di raffinati occhiali da sole. Sembrava proprio un vampiro con quei capelli scuri e un sorrisetto stampato in viso.

Santa..”, sospirò Elena, dimenticando il madonna. “E quello chi è?”

Te l’ho detto. Mi da uno strappo”

Può darlo a me?”

Angelica mise un braccio intorno alla spalla di Elena e le diede una pacca sulla schiena. “Elena, potrebbe ancora esserci speranza per te”.

Angelica si precipitò giù per le scale fino all’auto e Alain aprì la portiera per lei.

Ma dai, mi vieni a prendere a scuola?”, gli chiese prima di salire.

Ora sei un membro del branco. L’adesione hai suoi privilegi. Allons-y”

Non aveva idea di cosa significasse, ma la mano sulla schiena che la guidava verso il sedile posteriore le dieda un’idea abbastanza chiara che significasse una cosa tipo entra subito in questa maledettissima macchina. Obbedì con gioia.

Poi salì anche Alaine si accomodò sul sedile di fronte a lei. La macchina si allontanò veloce.

Alain

“Voglio essere il suo migliore amico”, aggiunse.

Angelica rivolse un gran sorriso alla schiena di Alain che se ne andava.

“Non abbassare ancora la guardia. Non ha finito”, l’avvertì Rupert.

Aveva ragione. Giunto alla porta, Alain si girò di nuovo suoi tacchi e tornò verso di lei. La guardò dritta negli occhi. Un istante prima, aveva l’espressione galante e malandrina, come se fosse uscito da un romanzo rosa. Ora non più. Le sembrava pericolosamente serio.

“Un avvertimento”, l’ammonì Alain guardando lei, e solo lei. “Il tuo professore è un lupo. Lo imparerai alla fine, e lo imparerai nel modo in cui l’ho imparato io”.

“Come?”

“Nel modo più duro”.

“Alain, ora basta”. Rupert non scherzava più. E nemmeno Alain.

“Dille chi sei, mon ami”, lo incitò Alain, senza distogliere gli occhi dal viso di Angelica.

“Forse hai bevuto troppo stasera, oppure non abbastanza”

Alain fece un largo sorriso, ma  Angelica non vide allegria nei suoi occhi.

“Non basta mai”. Chinò la testa verso di lei, girò nuovamente i tacchi e lasciò la stanza, stavolta senza fischiare. Mentre se ne andava, lei udì l’incedere militare degli stivali che riecheggiavano sul pavimento.

Rupert espirò come se avesse trattenuto il respiro per tutta la conversazione.
“Angelica, consentimi di finire di scusarmi…”

“Che cosa intendeva dicendo che il mio professore è un lupo?”, le domandò lei, voltandosi a guardarlo.

Lui non battè ciglio,  non arrossì, non rise e non obbiettò.

Ma non rispose neppure alla domanda.

Alain

Rupert avvicinò la bocca all’orecchio di Alain.

Te l’avevo detto”, sussurrò.

Posso averla?”, gli chiese Alain.

Rupert rispose qualcosa in francese, e al suono di quelle parole Alain sorrise ancor di più.

Che ha detto?”, chiese lei al francese.

Mi ha detto… Aspetta il tuo turno”.

Angelica guardò Rupert, che si limitò a fare spallucce, come se Alain le avesse mentito. Ma lei sapeva che non era così.

Non apprezza la mia traduzione”.

Dovrebbe imparare la lingua”, gli fece notare Rupert.

Alain annuì, concorde.

Ehi voi!”, esclamò Angelica agitando le mani. “Sono ancora qui! Vi sento che state parlando di me, voi due. E tu, ti vedo che ridacchi!”. Piantò un dito al centro del petto di Rupert.

Lui le rivolse uno sguardo offeso.

I professori non ridacchiano”.

Tu che hai da guardare?”, chiese ad Alain, che sembrava la stesse spogliando con gli occhi.

Piena di spirito, questa qui”, disse Alain rivolgendosi a Rupert.

Sì, è piena di spirto, ma non è per niente santa”, concordò Rupert.

Alain rivolse nuovamente la sua attenzione ad Angelica. “Perchè hai i vestiti addosso?”

Dovrei togliermeli?”

Non ho mai sentito una domanda più stupida in vita mia”, rispose lui con un breve sospiro molto francese. Molto disgustato. “Non dovevi averli fin dal principio.”

Capisco”, disse Angelica. “Certo. Saresti un principe azzurro, se il principe azzurro non fosse azzurro”.

E se non fosse un principe, ma un re”. Alain la guardò tutta, percorrendole il copro con gli occhi.

Quello sguardo famelico e denudante avrebbe potuto imbarazzarla, ma aveva l’accento francese, i capelli di Tom Hiddlestn e il potere di infastidire Rupert. Aveva guadagnato un bonus per provarci.

Potrei per fino perdere l’orgoglio dentro di te”, le sussurrò infene Alain.

E BUONANOTTE”. Rupert afferrò il francese per la nuca.

Alain fremette, come se quel gesto avesse un effetto eccitante su di lui, esattamente l’opposto di ciò che voleva Rupert.

Non posso proprio portarti da nessuna parte. Torna in ufficio. Arrivo tra poco”.

Devo andare?”

In realtà, no”, s’intromise Angelica.

In realta, sì”. Rupert lasciò andare Alain, che le rivolse un sorriso come per scusarsi.

Je suis désolé, ma belle. Devo andare. Se stanotte hai bisogno di me, mi vuoi o mi desideri, sono in ufficio. Sai dove trovarmi”.

In ufficio”.

Bello comodo. Se non sono lì, sarò dentro ad una bottiglia di Pinot. Voglio farlo ubriacare bene, il professore, stanotte”.

Penso che ci sia quasi”, osservò Angelica.

Non aveva mai visto Rupert così giocoso. Avrebbe dovuto farlo ubriacare più spesso.

Si è appena riscaldato”, Alain le prese la mano e stavolta le baciò il dorso, invece che annusarle le punta delle dita.

Stai sicura che ti lascio del tutto contro la mia volontà e con la convinzione più assoluta che ci rivedremo prima o poi.”

E’ stato bello conoscerti”, disse lei, abbastanza sicura che quel bello fosse la parola meno adatta da utilizzare.

Ed è stato un piacere conoscerti, finalmente”, replicò Alain. “Non vedo l’ora che tu faccia la conoscenza del mio soffitto”. Si girò sugli stivali e si diresse di nuovo verso la porta, sempre fischiettando.

Oscurità

Ana si svegliò e si rese conto di non sapere nè che ora fosse nè dove si trovasse. Sapeva solo che aveva dormito molto e che, ovunque fosse, non aveva paura.

“Dove sono?”, chiese cercando di orientarsi. Sentiva di non essere nel suo letto, nella sua consueta oscurità. Ma era comunque un’oscurità familiare. La ricordava, e sentiva che quelle ombre si ricordavano di lei. Respirò il profumo del legno pulito e confortante, gustò la sensazione delle lenzuola morbide che le avvolgevano il corpo nudo. Il letto che l’abbracciava in quel momento l’aveva già accolta in passato.

Vide un rettangolo bianco che si stagliava nel nero, sentì il letto muoversi sotto un peso conosciuto.

“Sono qui, gattina”, le disse una voce fatta per strappare dolcemente segreti dal cuore. “Adesso dormi. Ne parleremo quando sarà il momento”.

“Sì, Padrone”, rispose Ana, e capì dove si trovava. Sì lasciò andare di nuovo al sonno.

L’oscurità più familiare dell’universo… la sua oscurità… era a casa.

Alain

Appena uscito dal bar, inciampò in qualcosa sul pavimento. Si chinò incuriosito. Scarpe. Un paio di scarpe. Le raccolse. Vernice bianca, tacchi a spillo… un quarantuno.

L’ultima volta che le aveva viste, erano ai piedi di Ana Jhonson.

Alain le osservò e si chiese come e per quale motivo fossero finite nel corridoio. Ana riusciva a fare quasi tutto con i tachi alti. L’aveva vista indossarli mentre sovrastava i masochisti più ardenti. Li aveva battuti, frustati, picchiati, presi a calci… con i tacchi era capace di stare in piedi sul collo di un uomo, di camminargli sulla schiena ferita, di stare in equilibrio su una gamba mentre l’altro piede veniva adorato.

C’era solo un’attività che non riusciva a fare con i tacchi alti: correre.

Portò le scarpe fino al piano sotterraneo, dove lui e alcuni degli altri VIP avevano i loro dungeon privati. Si fermò di fronte all’ultima porta a sinistra, ma non bussò prima di entrare.

Un uomo moro e alto, assorto nei suoi pensieri, era i piedi accanto al letto. Aveva le braccia conserte e la fronte corrugata.

“Non ti hanno insegnato a bussare?”.

Rupert distese le braccia e appoggiò una spalla alla colonnina del baldacchino.

Alain irrigidì la mascella.

“Sì, mi sembra di averlo sentito a lezione, ma non stavo attento”. Entrò nella stanza. Nessun dungeon al Club rispecchiava il concetto di minimalismo quanto quello di Rupert.

L’unico arredamento era un letto a baldacchino in ferro battuto sistemato come un’alcova una croce di ant’Andre in bella vista e un unico baule pieno degli strumenti di tortura più svariati. Il lato sadico di Rupert era leggenda al  Club e in generale in tutto il mondo sotterraneo.

Non aveva bisogno di migliaia di fruste e scudisci o di dozzine di bastoni, sferze e trastulli. Rupert era un personaggio, uno che riusciva a piegare uno schiavo con una parola, uno sguardo, un’intuizione penetrante, e con la sua calma, quel freddo controllo che induceva anche l’essere più forte del mondo a tremare ai suoi piedi. Prima li soggiogava con il bell’aspetto, e poi con l’animale che si annidava nel suo cuore.

“Ti ho portato un regalo”.

Alain sollevò le scarpe tenendole per i cinturini. Rupert inarcò un sopracciglio.

“Non mi sembrano della mia taglia, no?”

“Della tua pupilla”. Alain le lasciò cadere sul letto. “Come sai. Ci sarai passato davanti, uscendo dal bar”.

Alain si fece sfuggire una breve, mesta risata.

“E pensare che mi era sembrato di sentirti dire che se aveva un po’ di pietà nel cuore non doveva abbandonarti per il suo Leonardo”.

Rupert non rispose. Si limitò a fissare Alain con i suoi occhi d’acciaio.

L’altro resistette all’istinto di sorridere. Un sentimento così sconveniente. Lo tenne per sé finchè gli riuscì. Poi girò i tacchi e si defilò, citando una vecchia poesia mentre lasciava Rupert nella sua segreta in compagnia delle scarpe di Ana, appoggiate sul letto.

“Vidi bianchi principi e pallidi re,

scialbi guerrieri smunti, tutti del

color della morte.

E gridavano: la bella dama senza pietà

t’ha reso schiavo della sua volontà”

Ana

Ricordava di essere rimasta in piedi di là dalla staccionata, con Rupert dall’altra parte. Discussero per qualche minuto, e dal modo in cui lui parlava, dal modo in cui la guardava, aveva capito di non essere la sola a ricordare quel sogno.

Dopo quel giorno però…”. Ana sospirò leggermente. “Niente. Niente per mesi e mesi. Niente parlare, niente toccarsi, niente. Io e Rupert diventammo nuovamente due estranei. Non fu terribile. Non me ne restai in casa a guardare fuori dalla finestra per un anno. Andavo a scuola, prendevo buoni voti, mi facevo il culo per portare a termine il lavoro per la comunità. Non potevo prendere la patente finchè non avessi compiuto diciotto anni, ma la segretaria di Rupert, Annabelle, mi scarrozzava in giro in macchina. Me la passavo bene. Non era una vita da sballo, ma sopravvissi”.

Pascal si rigirò e le si avvicinò. Le prese le ginocchia tra le mani e si mise le gambe di lei intorno alla vita, in modo che fossero faccia a faccia. Lei si rilassò tra le sue braccia e appoggiò il mento sulla sua spalla.

Sono felice che tu sia sopravvissuta”, mormorò. “Altrimenti non saresti qui”.

Oh, sono sopravvissuta, sì. E la cosa divertente è che più avanti nella vita, dopo essere diventata una scrittrice, ho capito cosa aveva fatto Rupert, e perchè”.

Ovvero?”

E’ un trucco di chi scrive narrativa”, spiegò. “Immagini quale sia la paura più grande del tuo protagonista, poi fai in modo che si trovi ad affrontare proprio quella paura”.

E’ quello che ti fece fare?”

Perderlo, perdere il suo amore era la mia paura più grande. E lui ha fatto in modo che affrontassi questa cosa. L’ho affrontata, l’ho superata. E in fin dei conti..”.

Ana si interrupe per baciare il collo di Pascal, per la semplice ragione che doveva essere baciato.

In fin dei conti, quel tempo da sola mi fece diventare quella che Rupert aveva sempre detto che ero”.

Ovvero?”

Ana si tirò indietro e rivolse a Pascal il suo sorriso più malizioso. Alzò un dito a indicare che aspettasse. Pascal sollevò un sopracciglio. Lei scivolò via dalla stretta delle sue braccia, scese dal letto e prese qualcosa dalla valigia.

Il suo frustino rosso da equitazione.

Lo tenne davanti a sé, con la punta rivolta al centro del petto di Pascal.

PERICOLOSA”, annunciò lei.

Pascal sorrise, con le labbra appena aperte e il respiro che si faceva più rapido.

Vedi”, continuò lei, lasciando che la punta del frustino si appoggiasse nell’incavo del collo di lui, “quando affronti la tua paura più grande e la superi, ti resta forse qualcosa di cui aver paura?”

Pascal si leccò le labbra. Il suo petto di alza e si abbassava.

Rispondimi”. Ana fece scorrere il frustino sotto il mento di lui e lo costrinse a sollevare la testa di qualche centimetro.

Niente”, replicò Pascal.

Il mio timore più grande era vivere senza Rupert e ci sono riuscita. Non ne avevo più paura, e non avevo più bisogno di nessuno. Volevo lui, ma non avevo bisogno di lui. Lui però aveva bisogno di me. “

Ci credo”, osservò lui.

Ana lo guardò.

Adesso, Pascal, dimmi di cosa hai paura”.

Ho paura che questa sarà la nostra unica notte insieme, e che vivrò il resto dei miei giorni senza più incontrare una donna come te”.

Non posso prometterti che passeremo un’altra notte insieme, ma posso garantirti questo: Non incontrerai un altra donna come me”.

Non aggiunse però che non incontrare un’altra donna come lei fosse probabilmente una cosa buona.

Lui non sembrava pensarlo, comunque. Un sorriso sexy e allusivo gli attraversò le labbra.

Dimostramelo”
Dimostrarlo?

Be’ se proprio insisteva…

Ana afferrò Pascal dietro il collo, costringendolo a guardarla in faccia.

Mi farai male?”, le chiese, con la voce che conteneva in ugual misura paura e trepidazione.

Non stanotte”, disse lei, ricordando la notte in cui aveva posto a Rupert praticamente la stessa domanda e lui le aveva dato quella stessa risposta. “Stanotte è solo per piacere”.

Baciò Pascal con tutta la passione brutale che solo chi è ferito possiede e vuole disperatamente guarire. Lo baciò come se le labbra di lui contenessero il significato della vita e perciò, se lei l’avesse baciato con sufficiente intensità e dolcezza, e l’avesse fatto abastanza a lungo, questa verità sarebbe passata a lei, sulle labbra, e lei così avrebbe potuto afferarla tra i denti e ingoiarla tutta intera.

Ana fece stendere Pascal di schiena, senza mai interrompere il bacio. Lui si mosse per cingerla con le braccia, ma lei gli prese i polsi e li spinse sul letto, sopra alla sua testa.

Stai lì”, gli ordinò. “Non ti muovere. Voglio farti venire”.

Sono tutto tuo,Ana”.

Adorava il modo in cui pronunciava il suo nome.

Dovrei farmi chiamare “Padrona””.

Vuoi essere la mia Padrona?”

Ti piacerebbe ?”

Se ti appartenessi, se fossi tua proprietà, realizzerei uno dei miei più grandi sogni. Ma dato che non ti appartengo, ti chiamerò Ana”. Le parole di Pascal la mettevano in imbarazzo.

Che sia Ana, allora”, ripetè lei. “Ora fai il bravo e non venire finchè non te lo dico io”.

Lui annuì e fissò gli occhi al soffitto, mentre Ana gli allargava le ginocchia e si sistemava nel mezzo. Si leccò la punta di un dito e lentamente glielo mise dentro. Andò in profondità, ma non troppo. Si fermò quando Pascal ansimò di piacere.

Ti piace?”

Parfait”. Lui teneva ancora gli occhi al soffitto, come se fosse troppo imbarazzato per guardarla mentre lei lo toccava in modo così intimo.

Bene”. Tirò fuori il dito dalla stretta fessura e prese il frustino. Lo fece schioccare una volta prima di afferrarlo al centro. Con attenzione infilò dentro di lui l’asticella del manico per qualche centimetro. “I frustini non sono fatti solo per far male”.

Pascal non disse nulla. Sembrava che avesse perso la favella. Ana glielo prese in mano e accarezzò la sua incredibile erezione. Poi abassò la testa e leccò dalla base alla punta, poi di nuovo per tutta la lunghezza del pene.

Pascal gemette e strinse le lenzuola. On c’era niente che le piacesse di più che far contorcere un bell’uomo.

Sei mai stato con una donna che ti inculava e ti succhiava il cazzo allo stesso tempo?”, gli chiese interrompendosi.

Sì, se conti anche le dita”.

Lo faccio io adesso. Ma non preoccuparti, non ho ancora finto con la mia dimostrazione”.

Lo succhiò ancora, cacciandoselo in bocca fino in fondo. Forte, più forte, così forte da farlo ansimare.

Sei pronto a venire per me?”, gli domandò in francese. Era una delle prime frasi che le aveva insegnato Alain.

Oui”.

Non ancora”, disse lei, in un sussurro. “Non..ancora…”.

Continuò a leccarlo per il proprio piacere, godendo di quella pelle vellutata, quel sapore di terra, la pienezza di Pascal nella bocca. Dolcemente, estrasse il manico del frustino da dentro di lui. Poi si alzò, e glielo prese in mano e gli massaggiò il pene con delle carezze prolungate ed esperte.

Vai lì per me”, gli ordinò.”Vai proprio sull’orlo del tuo orgasmo e restaci. Ci sei?”

Pascal annuì e strinse gli occhi.

Resta lì sul bordo, senti quanto è tagliente quel bordo, Pascal”.

Fa male”, ansimò lui stringendo i denti.

Lo so. Talvolta il piacere può fare più male del dolore. Tra 4 secondi ti farò venire”.

Allungò un braccio e prese il bicchiere vuoto di vino dal comodino.

Un.. duex… trois.. quatre”, disse lei, e gli mise il bicchiere sopra alla punta. Lui venne dentro, ricoprendo i lati con il suo seme e contorcendosi per l’intensità dell’orgasmo.

Dopo che ebbe raccolto ogni goccia del suo sperma, Ana alzò il bicchiere facendolo illuminare dal fuoco del camino.

Pascal aprì gli occhi e si appoggiò sui gomiti, guardandola.

Lei prese la bottiglia aperta di vino e ne versò un dito nel bicchiere. Lo fece girare, lasciando che bagnasse i lati del bicchiere.

I due frutti della tua fatica in uno stesso calice”, esclamò. “Santè”.

Si portò il bicchiere alla labbra.

Ana…”, ansimando, Pascal disse il suo nome.

In tre grossi sorsi, lei bevve tutto il vino.

La mia annata preferita”, osservò.

Pascal si tirò su e la guardò, mentre il suo petto si alzava e si abbassava rapido.

Hai vinto tu”, mormorò.

Lo sapevo”, replicò lei e ripose il bicchiere. “Conosco anche un giochetto simpatico con il whisky, ma non bevo più superalcolici. Edward non me lo permette”.

Senza dire una parola, Pascal la fece sdraiare supina e la baciò con una passione incredibile, da togliere il respiro. La sua lingua s’immerse nella bocca di Ana come se cercasse il suo stesso sapore sulla lingua di lei.

Sei periolosa”, le sussurrò Pascal sfiorandole le labbra. “Puoi fare in modo che un uomo voglia cose che non può avere”.

Pascal fece un respiro tremante, come se cercasse di calmarsi. Si stccò da lei e si distese di nuovo sul suo lato del letto.

Parlarmi, prima che ti leghi al letto e non permetta a nessuno dei due di allontanarci da qui”, l’avvertì Pascal.

Ana rise e si stese di fianco per guardarlo.

Dovrei raccontarti di quando ho conosciuto tuo padre”, annunciò.

Quando l’ho conosciuto davvero”.

Com’era?”

Molto diverso da te”, ridacchiò lei.

Tanto brutto?”

Per niente. Quella casa in cui vagavo mentre c’era un’orgia in corso, quella era casa di tuo padre”.

Sinceramente, posso dire di non avere mai partecipato a un’orgia. Anche se il giorno in cui vendemmiamo e pigiamo l’uva ci si avvicina”.

Ana sorrise. Le sarebbe piaciuto partecipare alla vendemmia con Pascal. Forse ci sarebbe dovuta tornare di nascosto. Se la coscienza glielo permetteva.

Sarai felice di sentire che quando ho conosciuto tuo padre c’erano anche una o due bottiglie di questo vino, forse persino quattro”.

Ha buon gusto in fatto di vino e di donne”, osservò Pascal sorridendo.

Dove eravate?”

Non indovinerai mai, considerando che c’era tuo padre. Ma la prima volta che io e Alain abbiamo parlato, tra tutti i posti possibili, è stato in laboratorio”.