Fruste

Le fruste sono state il primo strumento supersonico costruito dall’uomo. Infatti lo schiocco della frusta avviene quando il cracker accelera fino a superare la velocità del suono, creando un bang supersonico, anche se piccolo, che rompe il muro del suono. Affinchè un qualunque tipo di frusta schiocchi, deve essere in grado di trasferire l’energia del movimento angolare iniziale lungo il corpo della frusta fino alla sua estremità. Poiché la massa della frusta diminuisce progressivamente, per mantenere l’energia costante, essa deve aumentare la propria velocità in modo progressivo, fino a superare quella del suono.

Ma da quali parti è costituita una frusta ?

Semplificando quasi tutte le fruste hanno tre sezioni:

  • impugnatura
  • il corpo della frusta o thong
  • il cracker o popper (Ovvero la parte finale che schiocca)

Possono però avere molti più dettagli come una fascia per il polso (loop), nodi decorativi all’inizio dell’ impugnatura e o nel punto di intersezione tra impugnatura e corpo. (A volte dopo il pomello vengono aggiunte rifiniture metalliche). Mentre tra il corpo e il cracker può esserci il fall, una singola striscia di pelle di una lunghezza variabile in base alla frusta. In alcune fruste il fall viene lavorato in modo da creare meno resistenza possibile. Alcune fruste però ne sono sprovviste come le signal whips.

Alcune parti delle fruste come cracker e fall tendono però a deteriorarsi, quindi devono essere facilmente sostituibili.

Quando si parla di fruste, una delle prime immagini che ci può venire in mente è quella della classica frusta di pelle, ma esse possono essere create anche con altri materiali come il paracord o altri materiali sintetici. Il tipo di materiale utilizzato ha un’importanza non irrilevante sulla qualità e sul costo finale dell’opera. Perchè alla fine di tutto l’arte è creatività e la creatività è arte. Un’altra caratteristica comune è il numero di strand o strisce, utilizzate per realizzarla. Di solito di utilizzano dagli 8 ai 18 strands, aumentando di quattro in quattro. (Quindi 8+4,12+4 etc…), mentre alcune fruste da collezionismo hanno anche più di 24 strands. Il numero degli strands o strisce ha sia un impatto sull’estetica che sul costo, ma anche sul diametro dell’impugnatura stesso e del corpo della frusta.

Per fare una distinzione tra i vari tipi di frusta basta guardare l’impugnatura, che può essere rigida o flessibile. Tra quelle rigide troviamo le bullwhips ad esempio. Mentre tra quelle flessibili troviamo ad esempio le snake whips.

Ma lasciamo un attimo da parte le bullwhips di cui parleremo dopo e andiamo a parlare della struttura della frusta.

Le fruste sono costruite in strati successivi, partendo dall’interno. La parte iniziale si chiama core ed è il nucleo centrale. Attorno al core vengono costruiti più strati, alternando un belly ed un bolster. Il belly è in sostanza un intreccio di strisce, mentre il bolster è una striscia triangolare avvolta e tenuta in posizione da un filo resistente. Il numero di starti di cui è costituita una frusta può variare in base al tipo. La parte finale esterna viene chiamata overlay, ed è la parte più importante esteticamente.

Tenendo a mente che il diametro della frusta va diminuendo i vari belly ed anche l’overlay devono essere creati in modo da assecondare l’assottigliamento.

Torniamo adesso a parlare delle bullwhips o nel dettaglio dell’american bullwhip.

Queste fruste sono uno dei tipi più diffuso.

L’impugnatura rigida può essere di forma cilindrica regolare oppure può avere una leggera forma conica con la parte più sottile verso l’estremità iniziale. In oltre l’impugnatura può essere ricoperto o meno dall’intreccio della frusta. All’estremità iniziale dell’impugnatura c’è un nodo decorativo di forma tondeggiante o cilindrica a cui può essere attaccata una fascia per il polso. Di solito l’impugnatura ha una lunghezza di circa 20 o 30 centimetri ed in questo caso si parla di American bullwhip. In oltre, tra impugnatura e frusta solitamente, ma non sempre c’è un ulteriore nodo decorativo di transizione, dove può cambiare il pattern. Il corpo della frusta o thong si assottiglia sempre di più fino al punto di innesto del fall a cui viene attaccato il cracker.

Le fruste in Romagna

In Italia, ci sono tradizioni popolari antiche, che rendono la storia molto più interessante di quella che si studia a scuola.

In Romagna, gli schioccatori o in dialetto gli sciucarè di fruste sono una delle tipiche tradizioni, la loro origine è contadina. In pratica quando si arava il campo, una persona aveva la mansione di schioccare la frusta in aria per intimidire i buoi che non andava al giusto ritmo. Diciamo che era un incitamento per farli andare nella giusta direzione. I buoi aratori nella tradizione romagnola venivano chiamati Rò( quello a destra) mentre Bunì (quello a sinistra che camminava sul solco).

Con l’avvento dell’età moderna, e con i buoi sostituiti dai trattori il ruolo dello schioccatore è andato sbiadendo. La fantasia però è venuta in aiuto di questo popolo, trovando il modo di recuperare questa antica tradizione.

Gli schioccatori oggi sono una parte integrante delle esibizioni di liscio. Infatti, salgono sui palchi, schioccando le fruste a tempo di musica.

Sadismo e Sadomasochismo

Sadismo

Questa è una tesina sul sadismo, che fa parte dell’acronimo BDSM.

Il sadismo è quella cosa che configura tutte le condotte in cui un soggetto ricava eccitazione sessuale e piacere dalla sofferenza fisica ma anche psicologica dell’altro soggetto. Il sadismo in sé può includere diverse pratiche di manipolazione della libertà e del confine psicofisico della vittima. Oppure può essere una pratica consensuale accettata da entrambe le parti. La regola che uso io di solito è fare male, ma non far male.

Così come non esiste un limite alla fantasia non c’è neppure limite nell’immaginare azioni volte a strotturare forme di sofferenza come:

  • l’imprigionamento
  • la fustigazione
  • le percosse
  • la tortura fisica
  • sopratutto quella mentale

Secondo internet che non è che ne sappia un granchè di quello che è il nostro mondo… il piacere di un sadico non deriva tanto dal contemplare la sofferenza ma dalla certezza dell’innocenza della “vittima”. Internet non mi conosce per niente, molto bene.

Più che le grida di sofferenza, che sono una cosa alquanto erotica e orgasmatica, al soggetto sadico interessano di più le proteste di innocenza, le implorazioni di perdono, le rimostranze e i tentativi di convincerlo a desistere.

Internet dice anche che in molti sadici si ritrova un distacco emotivo dall’altro soggetto, ma non mi sembra una cosa molto sana e consensuale così. Parlando da masochista, non credo che mi farei toccare da una persona che non prova empatia nei miei confronti, in primo luogo perchè sarebbe una cosa alquanto meccanica, ed in secondo luogo perchè così avrei già perso in partenza.

In ogni caso il termine sadismo fu introdotto da uno psichiatra e deriva dal marchese de Sade, un aristocratico francese autore di diversi libri.

Tradizionalmente il sadismo è collegato con il masochismo, ovvero SM. Sono complementari, come il viola e l’arancio. Ma secondo un filoso francese la relazione tra i due sarebbe impossibile, poiché un soggetto è coinvolto in una sorta di operazione destrutturante, mentre l’altro è attratto da forme di istituzionalizzazione della relazione.

Pertanto il sadico al di fuori di una cornice minima regolamentare come l’SSC può spingere la sua azione fino al rinunciare al consenso della vittima.

Io continuo a sostenere che ci voglia comunicazione e conoscenza prima di mettersi in qualsiasi tipo di relazione e sopratutto impostare dei limiti, che poi magari diventeranno altri, ma che nel frattempo vanno rispettati.

Sadismo in realtà sta per un “gioco” tra partner caratterizzato dalla sperimentazione di una fisicità in cui il piacere è dettato dall’imposizione di sensazioni ed emozioni estreme, nel rispetto dell’altro.

Nel sadismo, il divertimento lascia lo spazio ad un oggettivo e reale desiderio di fare male.

Il BDSM rappresenta, un insieme di comportamenti erotico-sessuali.

Io sono dell’opinione che una persona nasce sadica o masochista, o se vogliamo prendere un insieme più allargato, nasca kink non lo diventì. Lo si è sempre stati, ma bisogna scoprirsi con il tempo. E con questo non intendo che tutti siamo kink o qualsiasi etichetta ci dia la gente comune, intendo che è una parte di noi da sempre. Non si può elimenarla mai del tutto, anche se ci si prova e parlo per esperienza, ho provato in passato e non mi sentivo più me stessa. Era come se fossi incompleta.

Se una persona ha bisogno di provare dolore, mentale o fisico che sia per provare piacere e l’altra prova piacere ad infliggerlo ed è una cosa consensuale allora non vedo il problema.

Un po’ come se alla tua ragazza piacciono le pesce e tu sei un contadino e gliele porti. Non è il migliore degli esempi ma è capibile, almeno credo.

Se si legge su internet sadismo e masochismo non dovrebbero far parte del BDSM perchè arrivano alle volte ad oltrepassare l’ SSC.

Ma è anche vero che quello dipende dal tipo di rapporto che si ha e da quali sono i limiti. Ad esempio se un sadico gioca con un individuo che pratica edge play allora quello è un discorso diverso perchè la parte sottomessa tenderà a non dire la safe e a voler andare sempre oltre, per questo è un bene conoscere l’altra persona prima, avere una buona comunicazione come minimo e saper riconoscere i segnali del corpo dell’altro.

Ci sono comunque svariate sfaccettature.

Nella vita di tutti i giorni sentiamo pronunciare parole come sadico o masochista o sadomasochismo , ma realmente quanti di noi sanno cosa si intende quando si parla di sadomasochismo?

E’ importante non confondere questa pratica con disturbi parafiliaci del sadismo o del masochismo.

Da cosa deriva il sadomasochismo?

Esiste una relazione complementare tra sadismo e masochismo, sono due facce della stessa medaglia, le cui forme attive e passive convivono e si incontrano in un unico soggetto.

Stando al nostro carissimo amico Freud “Chi prova piacere ad infliggere dolore agli altri in relazioni sessuali è anche capace di godere il dolore come un piacere che da questi può derivare. Un sadico è al tempo stesso un masochista, sebbene l’aspetto attivo e quello passivo della perversione possa essere in lui più fortemente sviluppato e costruire la sia attività sessuale prevalente”.

Si parte dunque dal sadismo nel quale, il piacere deriva dal veder soffrire l’altra parte.

Il sadomasochismo è quindi ritenuto da Freud una delle maggiori polarità che influenzano e caratterizzano la vita sessuale.

Nello specifico le pratiche BDSM consistono in pratiche sessuali inconsuete che implicano giochi di ruolo, vincoli fisici, cambi di potere,a volte anche l’induzione del dolore. Il termine indica una vasta gamma di pratiche relazionali ed erotiche che consentono di condividere fantasie sessuali basate sul dolore, lo squilibrio del potere, l’umiliazione tra due o più partner adulti e consenzienti che traggono piacere da queste.

Molti dei soggetti che praticano tali attività sessuali riferiscono che la maggiorn parte delle volte, queste vengono associate a:

  • senso di libertà ( e da masochista posso dire che ci si sente liberi solo quando si è in catene)
  • sensazione di piacere, appagamento, godimento
  • messa in pratica i abilità personali
  • senso di rilassamento
  • riduzione dello stress
  • estroversione ed o esplorazione
  • mix di sensazione emotive positive

Stando ad uno studio nel quale sono stati presi in esame 902 soggetti praticanti BDSM e 434 controlli considerati “normali”, basandosi sulla compilazione di questionari online, le caratteristiche psicologiche dei practitioners sono emerse come maggiormente positive rispetto a quelle del gruppo vanilla.

Coloro che praticano attività sessuali definite dalla massa strane è risultato che:

  • sono meno inclini alla nevrosi
  • molto più estroversione
  • aperti a nuove sperienze
  • meno sensibile al giudizio sociale
  • con uno stato di benessere personale, fisico e mentale, più alto

Ed una volta fatti gli accertamenti dovuti queste persone sono risultate idonee e adeguate dal punto di vista sociale e psicologico. Ergo la pratica BDSM provoca un vero piacere dal punto di vista mentale, grazie alla dinamica del potere che si viene a creare tra dominante e sottomesso.

Benchè queste pratiche siano connotate al dolore fisico e psicologico, nel BDSM non mancano però gli atti di tenerezza e di rilassamento (Aftercare). Spesso, come è giuste che sia e come dovrebbe essere, la parte dominante si dedica alla parte sottomessa attribuendogli dei premi, specialmente quando quest ultimo ha eseguito nella miglior maniera il suo ruolo.

Le pratiche di dominazione e sottomissione vengono definite di natura sessuale, ma la maggior parte delle volte la penetrazione è completamente assente in questi rapporti tra le due parti al termine del gioco. (Io qui non sono pienamente d’accordo dipende dal tipo di rapporto e di relazione che si ha con l’altra parte.)

Il sadomasochismo attualmente è prevalentemente maschile (oh, guarda non lo sapevo eh, vedo così pochi uomini cercare qualcuna che li rimetta al loro posto…) e risulta esserci una prevalenza di masochisti, rispetto a sadici, anche se questa tendenza può cambiare nel corso della vita. L’esempio vivente sono io, ovviamente.

Una cosa importante da dire è che anche se il BDSM non è visto di buon occhio ed nel mondo là fuori non ha la migliore delle reputazioni, non è illegale purchè venga praticato tra adulti consenzienti. Poichè anche se è legato alla sfera dominante/dominato, nessuna sevizia può essere inflitta all’altro senza aver avuto il suo consenso. Altrimenti diventa aggressione.

E come dicevo all’inizio la COMUNICAZIONE sta alla base di tutto.

Perchè ricordiamomi che nel vero Kink nessuno è succube, ma siamo tutti consenzienti e se non lo siamo allora non è Kink.

 

 

Angelica

Un appuntamento.

Un vero appuntamento.

Un banalissimo appuntamento.

Cena.

Prepararsi.

Truccarsi.

Finalmente, all’età di diciotto anni, Angelica stava andando al primo appuntamento galante della sua vita.

Con il suo professore.

Okay, va bene, forse non era un appuntamento normale. Però lei aveva un abito nuovo, un vestito bianco, e la villa di Alain sarebbe stata tutta per loro, perchè il re non era nel suo castello, quella settimana. Somigliava abbastanza ad un appuntamento vero. Rupert le aveva persino promesso che non avrebbe indossato il suo camice, ma il completo che a lei piaceva tanto. Dopo averle fatto quella promessa, aveva mormorato qualcosa di criptico sul quale lei era stata a rimuginare tutto il giorno.

Stasera solo uno di noi avrà il collare, e giuro che non sarò io”.

La sala da pranzo di Alain era illuminata da candele e dalle fiamme guizzanti del camino. C’era Rupert. C’era del cibo: ma l’unica cosa che lei riusciva a vedere era la scatola bianca accanto al suo piatto.

Mentre lei fissava la scatola, Rupert si avvicinò alle sue spalle, le baciò la nuca e abbassò la cerniera del vestito.

Ehm.. che succede? Non mangiamo?”

Tu sì”

E.. perchè mi spogli?”

Ti voglio nuda”, disse lui, come se fosse la risposta più ovvia dell’universo, tanto che non avrebbe dovuto neppure chiederlo.

Ceniamo nudi?”

No, solo tu, gattina. Io tengo i vestiti”.

Rupert cominciò a tirarle giù le spalline del vestito ed Angelica si irrigidì.

Lui si fermò.

Qualcosa non va?”

No. Niente. Solo che mi stai facendo cenare completamente nuda”.

La cosa ti mette a disagio?”

Inverosimilmente a disagio”.

Comprensibile”, osservò lui e ricominciò ad abbassare le spalline.

Lo facciamo lo stesso?”

Angelica”, disse Rupert, facendola voltare perchè lo guardasse. “Questa sarà una serata importante per noi due. Ora sei abbastanza adulta per imparare quello che mi aspetto da te, se staremo insieme. Sarà così, se tu mi appartieni. Sarai mia proprietà. Non è una metafora, né un iperbole romantica. E’ un dato di fatto. Io posso spogliarti in qualunque momento, quando ne ho voglia. Spogliarti non dovrebbe comportare né spiegazioni, né pianificazione, come quando mi tolgo il camice. Lo faccio quando mi va, e solo per questa ragione”.

Sì Padrone”.

Stringeva le mani a pugno. Nervosa. Mentre in piedi al centro della sala da pranzo illuminata dalle candele asciava che Rupert la svestisse.

Si sentiva ridicola a stare lì, completamente nuda, con i capelli acconciati sopra la testa e i tacchi alti ai piedi.

Rupert non la toccò, se non per farle scivolare le mutandine sulle gambe.

Appoggiò il suo vestito e la biancheria sullo schienale della poltrona che si trovava vicino al caminetto. Le scostò la sedia e lei si accomodò, facendo una smorfia quando la pelle nuda venne a contatto con il legno freddo.

Rupert prese la scatola bianca e gliela mise in mano.

Cos’è?”, gli chiese, guardando l’elegante pacchetto bianco e nero.

Aprila”.

Lei slacciò con cura il nastro nero e strappò la carta bianca. Sollevò il coperchio e guardò l’oggetto al suo interno. Dunque Alain non scherzava. Non esagerava. Non aveva cercato di prenderla in giro l’anno prima, nella loro prima uscita in Lamborghini.

Ti piace?”, le chiese Rupert.

Angelica rispose con un’unica parola.

Bau”.

Rupert rise e prese il collare di pelle bianca, aprendolo.

Un collare da cani?”

Un collare da schiavi. Appartieni a me sempre, indipendentemente da quello che stiamo facendo. Quando ti metto il collare, saprai che devi darmi la tua totale obbedienza, e la tua completa attenzione. Quando hai il collare devi chiamarmi esclusivamente Padrone”.

E’ bianco”. Alzò lo sguardo verso di lui.

Mi chiedi perchè”.

Lo sai, indossare un collare da cani.. da schiavi”, si corresse, “è un po’ umiliante”.

Ed è per questo che voglio che tu lo indossi”.

Alain e Angelica

Se Angelica avesse creduto a tutte le cazzate che le avevano propinato nelle ore di educazione sessuale della sua scuola, avrebbe pensato che la sua vita avrebbe imboccato una terribile spirale verso il basso, dopo aver osato aprire le gambe per un uomo prima del matrimonio.

L’insegnate aveva sottolineato che qualsiasi comportamento sessuale, avrebbe causato una gravidanza, la povertà, malattie veneree e la morte.

La povera Elena aveva abboccato a quelle bugie al mille per cento. Non solo aveva deciso che non avrebbe fatto sesso finchè non si fosse sposata, ma non avrebbe nemmeno baciato un uomo finchè non fossero fidanzati. Meglio rimpianti che rimorsi.

Quando però Angelica scese la scalinata d’ingresso della scuola, tre giorni dopo il funerale del padre di Rupert, e vide una Lamborghini color argento ad attenderla, concluse che denudarsi davanti ad un professore fosse stata l’idea migliore che avesse mai potuto avere.

Miseria”, esclamò Elena, notando la vettura nello stesso momento in cui la notò Angelica. “E quella cos’è?”

Angelica cercò di non scoppiare a ridere alla vista della Lamborghini ferma nel vialetto riservato al personale.

Sarebbe il mio strappo”

Miseria”, ripetè Elena. La macchina si avvicinò piano, fino a mettersi ad aspettare alla fine delle scale. La portiera del posto di guida si aprì e ne uscì un uomo in uniforme. Aprì la portiera del passeggero, e scese Alain Fouet in carne ed ossa, proprio lui. Fece il giro della vettura, si appoggiò alla portiera, alzò la mano e piegò un dito verso di lei.

Portava stivali, una specie di lungo cappotto e un paio di raffinati occhiali da sole. Sembrava proprio un vampiro con quei capelli scuri e un sorrisetto stampato in viso.

Santa..”, sospirò Elena, dimenticando il madonna. “E quello chi è?”

Te l’ho detto. Mi da uno strappo”

Può darlo a me?”

Angelica mise un braccio intorno alla spalla di Elena e le diede una pacca sulla schiena. “Elena, potrebbe ancora esserci speranza per te”.

Angelica si precipitò giù per le scale fino all’auto e Alain aprì la portiera per lei.

Ma dai, mi vieni a prendere a scuola?”, gli chiese prima di salire.

Ora sei un membro del branco. L’adesione hai suoi privilegi. Allons-y”

Non aveva idea di cosa significasse, ma la mano sulla schiena che la guidava verso il sedile posteriore le dieda un’idea abbastanza chiara che significasse una cosa tipo entra subito in questa maledettissima macchina. Obbedì con gioia.

Poi salì anche Alaine si accomodò sul sedile di fronte a lei. La macchina si allontanò veloce.

Alain

“Voglio essere il suo migliore amico”, aggiunse.

Angelica rivolse un gran sorriso alla schiena di Alain che se ne andava.

“Non abbassare ancora la guardia. Non ha finito”, l’avvertì Rupert.

Aveva ragione. Giunto alla porta, Alain si girò di nuovo suoi tacchi e tornò verso di lei. La guardò dritta negli occhi. Un istante prima, aveva l’espressione galante e malandrina, come se fosse uscito da un romanzo rosa. Ora non più. Le sembrava pericolosamente serio.

“Un avvertimento”, l’ammonì Alain guardando lei, e solo lei. “Il tuo professore è un lupo. Lo imparerai alla fine, e lo imparerai nel modo in cui l’ho imparato io”.

“Come?”

“Nel modo più duro”.

“Alain, ora basta”. Rupert non scherzava più. E nemmeno Alain.

“Dille chi sei, mon ami”, lo incitò Alain, senza distogliere gli occhi dal viso di Angelica.

“Forse hai bevuto troppo stasera, oppure non abbastanza”

Alain fece un largo sorriso, ma  Angelica non vide allegria nei suoi occhi.

“Non basta mai”. Chinò la testa verso di lei, girò nuovamente i tacchi e lasciò la stanza, stavolta senza fischiare. Mentre se ne andava, lei udì l’incedere militare degli stivali che riecheggiavano sul pavimento.

Rupert espirò come se avesse trattenuto il respiro per tutta la conversazione.
“Angelica, consentimi di finire di scusarmi…”

“Che cosa intendeva dicendo che il mio professore è un lupo?”, le domandò lei, voltandosi a guardarlo.

Lui non battè ciglio,  non arrossì, non rise e non obbiettò.

Ma non rispose neppure alla domanda.

Alain

Rupert avvicinò la bocca all’orecchio di Alain.

Te l’avevo detto”, sussurrò.

Posso averla?”, gli chiese Alain.

Rupert rispose qualcosa in francese, e al suono di quelle parole Alain sorrise ancor di più.

Che ha detto?”, chiese lei al francese.

Mi ha detto… Aspetta il tuo turno”.

Angelica guardò Rupert, che si limitò a fare spallucce, come se Alain le avesse mentito. Ma lei sapeva che non era così.

Non apprezza la mia traduzione”.

Dovrebbe imparare la lingua”, gli fece notare Rupert.

Alain annuì, concorde.

Ehi voi!”, esclamò Angelica agitando le mani. “Sono ancora qui! Vi sento che state parlando di me, voi due. E tu, ti vedo che ridacchi!”. Piantò un dito al centro del petto di Rupert.

Lui le rivolse uno sguardo offeso.

I professori non ridacchiano”.

Tu che hai da guardare?”, chiese ad Alain, che sembrava la stesse spogliando con gli occhi.

Piena di spirito, questa qui”, disse Alain rivolgendosi a Rupert.

Sì, è piena di spirto, ma non è per niente santa”, concordò Rupert.

Alain rivolse nuovamente la sua attenzione ad Angelica. “Perchè hai i vestiti addosso?”

Dovrei togliermeli?”

Non ho mai sentito una domanda più stupida in vita mia”, rispose lui con un breve sospiro molto francese. Molto disgustato. “Non dovevi averli fin dal principio.”

Capisco”, disse Angelica. “Certo. Saresti un principe azzurro, se il principe azzurro non fosse azzurro”.

E se non fosse un principe, ma un re”. Alain la guardò tutta, percorrendole il copro con gli occhi.

Quello sguardo famelico e denudante avrebbe potuto imbarazzarla, ma aveva l’accento francese, i capelli di Tom Hiddlestn e il potere di infastidire Rupert. Aveva guadagnato un bonus per provarci.

Potrei per fino perdere l’orgoglio dentro di te”, le sussurrò infene Alain.

E BUONANOTTE”. Rupert afferrò il francese per la nuca.

Alain fremette, come se quel gesto avesse un effetto eccitante su di lui, esattamente l’opposto di ciò che voleva Rupert.

Non posso proprio portarti da nessuna parte. Torna in ufficio. Arrivo tra poco”.

Devo andare?”

In realtà, no”, s’intromise Angelica.

In realta, sì”. Rupert lasciò andare Alain, che le rivolse un sorriso come per scusarsi.

Je suis désolé, ma belle. Devo andare. Se stanotte hai bisogno di me, mi vuoi o mi desideri, sono in ufficio. Sai dove trovarmi”.

In ufficio”.

Bello comodo. Se non sono lì, sarò dentro ad una bottiglia di Pinot. Voglio farlo ubriacare bene, il professore, stanotte”.

Penso che ci sia quasi”, osservò Angelica.

Non aveva mai visto Rupert così giocoso. Avrebbe dovuto farlo ubriacare più spesso.

Si è appena riscaldato”, Alain le prese la mano e stavolta le baciò il dorso, invece che annusarle le punta delle dita.

Stai sicura che ti lascio del tutto contro la mia volontà e con la convinzione più assoluta che ci rivedremo prima o poi.”

E’ stato bello conoscerti”, disse lei, abbastanza sicura che quel bello fosse la parola meno adatta da utilizzare.

Ed è stato un piacere conoscerti, finalmente”, replicò Alain. “Non vedo l’ora che tu faccia la conoscenza del mio soffitto”. Si girò sugli stivali e si diresse di nuovo verso la porta, sempre fischiettando.

Oscurità

Ana si svegliò e si rese conto di non sapere nè che ora fosse nè dove si trovasse. Sapeva solo che aveva dormito molto e che, ovunque fosse, non aveva paura.

“Dove sono?”, chiese cercando di orientarsi. Sentiva di non essere nel suo letto, nella sua consueta oscurità. Ma era comunque un’oscurità familiare. La ricordava, e sentiva che quelle ombre si ricordavano di lei. Respirò il profumo del legno pulito e confortante, gustò la sensazione delle lenzuola morbide che le avvolgevano il corpo nudo. Il letto che l’abbracciava in quel momento l’aveva già accolta in passato.

Vide un rettangolo bianco che si stagliava nel nero, sentì il letto muoversi sotto un peso conosciuto.

“Sono qui, gattina”, le disse una voce fatta per strappare dolcemente segreti dal cuore. “Adesso dormi. Ne parleremo quando sarà il momento”.

“Sì, Padrone”, rispose Ana, e capì dove si trovava. Sì lasciò andare di nuovo al sonno.

L’oscurità più familiare dell’universo… la sua oscurità… era a casa.

Alain

Appena uscito dal bar, inciampò in qualcosa sul pavimento. Si chinò incuriosito. Scarpe. Un paio di scarpe. Le raccolse. Vernice bianca, tacchi a spillo… un quarantuno.

L’ultima volta che le aveva viste, erano ai piedi di Ana Jhonson.

Alain le osservò e si chiese come e per quale motivo fossero finite nel corridoio. Ana riusciva a fare quasi tutto con i tachi alti. L’aveva vista indossarli mentre sovrastava i masochisti più ardenti. Li aveva battuti, frustati, picchiati, presi a calci… con i tacchi era capace di stare in piedi sul collo di un uomo, di camminargli sulla schiena ferita, di stare in equilibrio su una gamba mentre l’altro piede veniva adorato.

C’era solo un’attività che non riusciva a fare con i tacchi alti: correre.

Portò le scarpe fino al piano sotterraneo, dove lui e alcuni degli altri VIP avevano i loro dungeon privati. Si fermò di fronte all’ultima porta a sinistra, ma non bussò prima di entrare.

Un uomo moro e alto, assorto nei suoi pensieri, era i piedi accanto al letto. Aveva le braccia conserte e la fronte corrugata.

“Non ti hanno insegnato a bussare?”.

Rupert distese le braccia e appoggiò una spalla alla colonnina del baldacchino.

Alain irrigidì la mascella.

“Sì, mi sembra di averlo sentito a lezione, ma non stavo attento”. Entrò nella stanza. Nessun dungeon al Club rispecchiava il concetto di minimalismo quanto quello di Rupert.

L’unico arredamento era un letto a baldacchino in ferro battuto sistemato come un’alcova una croce di ant’Andre in bella vista e un unico baule pieno degli strumenti di tortura più svariati. Il lato sadico di Rupert era leggenda al  Club e in generale in tutto il mondo sotterraneo.

Non aveva bisogno di migliaia di fruste e scudisci o di dozzine di bastoni, sferze e trastulli. Rupert era un personaggio, uno che riusciva a piegare uno schiavo con una parola, uno sguardo, un’intuizione penetrante, e con la sua calma, quel freddo controllo che induceva anche l’essere più forte del mondo a tremare ai suoi piedi. Prima li soggiogava con il bell’aspetto, e poi con l’animale che si annidava nel suo cuore.

“Ti ho portato un regalo”.

Alain sollevò le scarpe tenendole per i cinturini. Rupert inarcò un sopracciglio.

“Non mi sembrano della mia taglia, no?”

“Della tua pupilla”. Alain le lasciò cadere sul letto. “Come sai. Ci sarai passato davanti, uscendo dal bar”.

Alain si fece sfuggire una breve, mesta risata.

“E pensare che mi era sembrato di sentirti dire che se aveva un po’ di pietà nel cuore non doveva abbandonarti per il suo Leonardo”.

Rupert non rispose. Si limitò a fissare Alain con i suoi occhi d’acciaio.

L’altro resistette all’istinto di sorridere. Un sentimento così sconveniente. Lo tenne per sé finchè gli riuscì. Poi girò i tacchi e si defilò, citando una vecchia poesia mentre lasciava Rupert nella sua segreta in compagnia delle scarpe di Ana, appoggiate sul letto.

“Vidi bianchi principi e pallidi re,

scialbi guerrieri smunti, tutti del

color della morte.

E gridavano: la bella dama senza pietà

t’ha reso schiavo della sua volontà”

8 anni

Per otto lunghi anni, dopo aver superato prove di qualsiasi tipo, ho sempre avuto una persona al mio fianco. L’inverno me la ricorda particolarmente, sto cercando di archiviare quella parte di vita, pur restando quella che sono diventata e continuando ad evolvermi. Cerco di tenere i ricordi felici. Fanno parte di me.
Questo inverno, Natale compreso, non è particolarmente facile.
Prima lui, e poi le ragazze, è tutto così estremamente difficile….

Ana

Ricordava di essere rimasta in piedi di là dalla staccionata, con Rupert dall’altra parte. Discussero per qualche minuto, e dal modo in cui lui parlava, dal modo in cui la guardava, aveva capito di non essere la sola a ricordare quel sogno.

Dopo quel giorno però…”. Ana sospirò leggermente. “Niente. Niente per mesi e mesi. Niente parlare, niente toccarsi, niente. Io e Rupert diventammo nuovamente due estranei. Non fu terribile. Non me ne restai in casa a guardare fuori dalla finestra per un anno. Andavo a scuola, prendevo buoni voti, mi facevo il culo per portare a termine il lavoro per la comunità. Non potevo prendere la patente finchè non avessi compiuto diciotto anni, ma la segretaria di Rupert, Annabelle, mi scarrozzava in giro in macchina. Me la passavo bene. Non era una vita da sballo, ma sopravvissi”.

Pascal si rigirò e le si avvicinò. Le prese le ginocchia tra le mani e si mise le gambe di lei intorno alla vita, in modo che fossero faccia a faccia. Lei si rilassò tra le sue braccia e appoggiò il mento sulla sua spalla.

Sono felice che tu sia sopravvissuta”, mormorò. “Altrimenti non saresti qui”.

Oh, sono sopravvissuta, sì. E la cosa divertente è che più avanti nella vita, dopo essere diventata una scrittrice, ho capito cosa aveva fatto Rupert, e perchè”.

Ovvero?”

E’ un trucco di chi scrive narrativa”, spiegò. “Immagini quale sia la paura più grande del tuo protagonista, poi fai in modo che si trovi ad affrontare proprio quella paura”.

E’ quello che ti fece fare?”

Perderlo, perdere il suo amore era la mia paura più grande. E lui ha fatto in modo che affrontassi questa cosa. L’ho affrontata, l’ho superata. E in fin dei conti..”.

Ana si interrupe per baciare il collo di Pascal, per la semplice ragione che doveva essere baciato.

In fin dei conti, quel tempo da sola mi fece diventare quella che Rupert aveva sempre detto che ero”.

Ovvero?”

Ana si tirò indietro e rivolse a Pascal il suo sorriso più malizioso. Alzò un dito a indicare che aspettasse. Pascal sollevò un sopracciglio. Lei scivolò via dalla stretta delle sue braccia, scese dal letto e prese qualcosa dalla valigia.

Il suo frustino rosso da equitazione.

Lo tenne davanti a sé, con la punta rivolta al centro del petto di Pascal.

PERICOLOSA”, annunciò lei.

Pascal sorrise, con le labbra appena aperte e il respiro che si faceva più rapido.

Vedi”, continuò lei, lasciando che la punta del frustino si appoggiasse nell’incavo del collo di lui, “quando affronti la tua paura più grande e la superi, ti resta forse qualcosa di cui aver paura?”

Pascal si leccò le labbra. Il suo petto di alza e si abbassava.

Rispondimi”. Ana fece scorrere il frustino sotto il mento di lui e lo costrinse a sollevare la testa di qualche centimetro.

Niente”, replicò Pascal.

Il mio timore più grande era vivere senza Rupert e ci sono riuscita. Non ne avevo più paura, e non avevo più bisogno di nessuno. Volevo lui, ma non avevo bisogno di lui. Lui però aveva bisogno di me. “

Ci credo”, osservò lui.

Ana lo guardò.

Adesso, Pascal, dimmi di cosa hai paura”.

Ho paura che questa sarà la nostra unica notte insieme, e che vivrò il resto dei miei giorni senza più incontrare una donna come te”.

Non posso prometterti che passeremo un’altra notte insieme, ma posso garantirti questo: Non incontrerai un altra donna come me”.

Non aggiunse però che non incontrare un’altra donna come lei fosse probabilmente una cosa buona.

Lui non sembrava pensarlo, comunque. Un sorriso sexy e allusivo gli attraversò le labbra.

Dimostramelo”
Dimostrarlo?

Be’ se proprio insisteva…

Ana afferrò Pascal dietro il collo, costringendolo a guardarla in faccia.

Mi farai male?”, le chiese, con la voce che conteneva in ugual misura paura e trepidazione.

Non stanotte”, disse lei, ricordando la notte in cui aveva posto a Rupert praticamente la stessa domanda e lui le aveva dato quella stessa risposta. “Stanotte è solo per piacere”.

Baciò Pascal con tutta la passione brutale che solo chi è ferito possiede e vuole disperatamente guarire. Lo baciò come se le labbra di lui contenessero il significato della vita e perciò, se lei l’avesse baciato con sufficiente intensità e dolcezza, e l’avesse fatto abastanza a lungo, questa verità sarebbe passata a lei, sulle labbra, e lei così avrebbe potuto afferarla tra i denti e ingoiarla tutta intera.

Ana fece stendere Pascal di schiena, senza mai interrompere il bacio. Lui si mosse per cingerla con le braccia, ma lei gli prese i polsi e li spinse sul letto, sopra alla sua testa.

Stai lì”, gli ordinò. “Non ti muovere. Voglio farti venire”.

Sono tutto tuo,Ana”.

Adorava il modo in cui pronunciava il suo nome.

Dovrei farmi chiamare “Padrona””.

Vuoi essere la mia Padrona?”

Ti piacerebbe ?”

Se ti appartenessi, se fossi tua proprietà, realizzerei uno dei miei più grandi sogni. Ma dato che non ti appartengo, ti chiamerò Ana”. Le parole di Pascal la mettevano in imbarazzo.

Che sia Ana, allora”, ripetè lei. “Ora fai il bravo e non venire finchè non te lo dico io”.

Lui annuì e fissò gli occhi al soffitto, mentre Ana gli allargava le ginocchia e si sistemava nel mezzo. Si leccò la punta di un dito e lentamente glielo mise dentro. Andò in profondità, ma non troppo. Si fermò quando Pascal ansimò di piacere.

Ti piace?”

Parfait”. Lui teneva ancora gli occhi al soffitto, come se fosse troppo imbarazzato per guardarla mentre lei lo toccava in modo così intimo.

Bene”. Tirò fuori il dito dalla stretta fessura e prese il frustino. Lo fece schioccare una volta prima di afferrarlo al centro. Con attenzione infilò dentro di lui l’asticella del manico per qualche centimetro. “I frustini non sono fatti solo per far male”.

Pascal non disse nulla. Sembrava che avesse perso la favella. Ana glielo prese in mano e accarezzò la sua incredibile erezione. Poi abassò la testa e leccò dalla base alla punta, poi di nuovo per tutta la lunghezza del pene.

Pascal gemette e strinse le lenzuola. On c’era niente che le piacesse di più che far contorcere un bell’uomo.

Sei mai stato con una donna che ti inculava e ti succhiava il cazzo allo stesso tempo?”, gli chiese interrompendosi.

Sì, se conti anche le dita”.

Lo faccio io adesso. Ma non preoccuparti, non ho ancora finto con la mia dimostrazione”.

Lo succhiò ancora, cacciandoselo in bocca fino in fondo. Forte, più forte, così forte da farlo ansimare.

Sei pronto a venire per me?”, gli domandò in francese. Era una delle prime frasi che le aveva insegnato Alain.

Oui”.

Non ancora”, disse lei, in un sussurro. “Non..ancora…”.

Continuò a leccarlo per il proprio piacere, godendo di quella pelle vellutata, quel sapore di terra, la pienezza di Pascal nella bocca. Dolcemente, estrasse il manico del frustino da dentro di lui. Poi si alzò, e glielo prese in mano e gli massaggiò il pene con delle carezze prolungate ed esperte.

Vai lì per me”, gli ordinò.”Vai proprio sull’orlo del tuo orgasmo e restaci. Ci sei?”

Pascal annuì e strinse gli occhi.

Resta lì sul bordo, senti quanto è tagliente quel bordo, Pascal”.

Fa male”, ansimò lui stringendo i denti.

Lo so. Talvolta il piacere può fare più male del dolore. Tra 4 secondi ti farò venire”.

Allungò un braccio e prese il bicchiere vuoto di vino dal comodino.

Un.. duex… trois.. quatre”, disse lei, e gli mise il bicchiere sopra alla punta. Lui venne dentro, ricoprendo i lati con il suo seme e contorcendosi per l’intensità dell’orgasmo.

Dopo che ebbe raccolto ogni goccia del suo sperma, Ana alzò il bicchiere facendolo illuminare dal fuoco del camino.

Pascal aprì gli occhi e si appoggiò sui gomiti, guardandola.

Lei prese la bottiglia aperta di vino e ne versò un dito nel bicchiere. Lo fece girare, lasciando che bagnasse i lati del bicchiere.

I due frutti della tua fatica in uno stesso calice”, esclamò. “Santè”.

Si portò il bicchiere alla labbra.

Ana…”, ansimando, Pascal disse il suo nome.

In tre grossi sorsi, lei bevve tutto il vino.

La mia annata preferita”, osservò.

Pascal si tirò su e la guardò, mentre il suo petto si alzava e si abbassava rapido.

Hai vinto tu”, mormorò.

Lo sapevo”, replicò lei e ripose il bicchiere. “Conosco anche un giochetto simpatico con il whisky, ma non bevo più superalcolici. Edward non me lo permette”.

Senza dire una parola, Pascal la fece sdraiare supina e la baciò con una passione incredibile, da togliere il respiro. La sua lingua s’immerse nella bocca di Ana come se cercasse il suo stesso sapore sulla lingua di lei.

Sei periolosa”, le sussurrò Pascal sfiorandole le labbra. “Puoi fare in modo che un uomo voglia cose che non può avere”.

Pascal fece un respiro tremante, come se cercasse di calmarsi. Si stccò da lei e si distese di nuovo sul suo lato del letto.

Parlarmi, prima che ti leghi al letto e non permetta a nessuno dei due di allontanarci da qui”, l’avvertì Pascal.

Ana rise e si stese di fianco per guardarlo.

Dovrei raccontarti di quando ho conosciuto tuo padre”, annunciò.

Quando l’ho conosciuto davvero”.

Com’era?”

Molto diverso da te”, ridacchiò lei.

Tanto brutto?”

Per niente. Quella casa in cui vagavo mentre c’era un’orgia in corso, quella era casa di tuo padre”.

Sinceramente, posso dire di non avere mai partecipato a un’orgia. Anche se il giorno in cui vendemmiamo e pigiamo l’uva ci si avvicina”.

Ana sorrise. Le sarebbe piaciuto partecipare alla vendemmia con Pascal. Forse ci sarebbe dovuta tornare di nascosto. Se la coscienza glielo permetteva.

Sarai felice di sentire che quando ho conosciuto tuo padre c’erano anche una o due bottiglie di questo vino, forse persino quattro”.

Ha buon gusto in fatto di vino e di donne”, osservò Pascal sorridendo.

Dove eravate?”

Non indovinerai mai, considerando che c’era tuo padre. Ma la prima volta che io e Alain abbiamo parlato, tra tutti i posti possibili, è stato in laboratorio”.